Modifica Massiccio oggetto Gioviano potrebbe spingere le comete verso la Terra

Cresce sempre più l’attesa per la possibile scoperta, da parte del telescopio ad infrarossi WISE della NASA, di una nana bruna ai confini estremi del nostro Sistema Solare.
La possibilità che questo oggetto sconosciuto esista, ha radici scientifiche molto profonde sia teoricamente che nel tempo, anche se la stampa italiana di settore, ha sempre bistrattato l’argomento con sufficenza e presunzione. La maggior parte delle comete che orbitano nel Sistema Solare interno sembrano provenire dalla regione esterna della nube di Oort, una regione di polvere di ghiaccio e detriti  originatasi alla nascita del Sistema Solare.

Questa nube non è mai stata identificata dagli strumenti perchè gli oggetti sono troppo deboli per essere ripresi in qualsiasi banda della luce visibile o agli infrarossi. Si conoscono però alcune comete o grossi asteroidi che sarebbero proprio stati deviati da questo immenso serbatoio del nostro disco planetario. La nube di Oort inizierebbe ad addensarsi a circa 93 miliardi miglia dal Sole e si estenderebbe per circa tre anni luce contenendo in sé miliardi di comete, la maggior parte piccole e nascoste. Gli scienziati ritengono che un oggetto con una massa enorme potrebbre spingere verso la Terra le comete deviandole dalla Nube di Oort. Un recente studio teorico, che si aggiunge a decine di altri proposti da diversi ricercatori nel corso degli ultimi anni, suggerisce che un oggetto fino a quattro volte la massa di Giove potrebbe essere il responsabile di tali deviazioni. Gli scienziati hanno analizzato alcune comete provenienti nella nube di Oort deducendo che il 25% di esse avrebbero bisogno di una spinta da un corpo di dimensioni di Giove prima di poter cambiare orbita.

Gli astrofisici John J. Matese (con cui ho contatti diretti via email) e Daniel Whitmire presso l’Università della Louisiana sostengono che un corpo delle dimensioni inferiori alla massa di Giove non sarebbe abbastanza forte per eseguire l’operazione di deviazione. Essi credono che a compiere tale disturbo nel bordo esterno del nostro Sistema Solare sia un corpo “X” non ancora osservato. Gli scienziati stanno studiando  la nube di Oort con WISE, il telescopio spaziale a infrarossi della Nasa, che è in grado di individuare oggetti scuri e assai deboli. Matese ha in merito ha dichiarato: “Penso che l’intera questione sarà risolta nei prossimi 5 o 10 anni.Prevediamo che WISE stia per falsificare o verificare la nostra ipotesi”.

Circa 3.200 comete di lungo periodo sono note attualmente, di cui  una delle più famose è la Hale-Bopp, che era visibile anche a occhio nudo nel corso del 1996 e del 1997. La cometa di Halley, che ricompare ogni circa 75 anni, è invece a ‘breve periodo’ e fa parte della Cintura di Kuiper, molto più interna. Un pianeta di grandi dimensioni che è in orbita al di fuori del Sistema Solare, potrebbe deviare le comete verso la Terra. Se esistesse, sarebbe così gelido e molto difficile da individuare, hanno detto i ricercatori. Potrebbe esistere anche fino a 30.000 unità astronomiche dal Sole. Una UA è la distanza tra la Terra e il Sole, di circa 93 milioni di miglia. Gli scienziati hanno già proposto in passato che il nostro Sole potesse avere compagna nascosta, chiamata ‘Nemesis’, ad un anno luce più di distanza.  Essi hanno suggerito che durante la sua orbita ellittica sarebbe regolarmente entrata nella nube di Oort, spingendo molte comete verso il Sistema Solare interno. Queste cosiddetta “pioggia di comete” occasionalmente potrebbe essere il motivo delle estinzioni di massa sulla Terra, come ipotizzato da Alvarez e Muller negli anni ’80.

La ricerca è apparsa nell’edizione online della rivista Icarus. “La maggior parte degli scienziati planetari non sarebbero sorpresi se il compagno fosse come Nettuno o più piccole, ma un oggetto di massa superiore a quello di Giove sarebbe una sorpresa”ha detto Matese SPACE.com. Se la congettura fosse vera, le conseguenze sarebbero importanti riguardano alla formazione del nostro Sistema Solare e a come potrebbe essere migrato fin lì, influenzando la successiva distribuzione delle comete e, in misura minore, i pianeti conosciuti. Molti ricercatori o semplici appassionati di astronomia sono scettici sulla possibilità che Nemesis esista, non riuscendo a spiegarsi il perché della sua “non-identificazione”, considerando che riusciamo a scorgere oggetti distanti migliaia di anni luce molto deboli. Come già accennato nel corso dell’articolo, si sta parlando di un oggetto super freddo, che emana pochissimo calore, la cui composizione chimica, potrebbe non riflettere per niente la luce solare. Per tali scettici, vorrei paragonare la ricerca di Nemesis a quella di un ago un pagliaio MA AL BUIO. In ogni caso, come testimoniano gli studi di Matese, Whitmire e gli sforzi congiunti del team di WISE e della NASA, Nemesis, è tutt’altro che fantasia, mi dispiace per gli articolisti ottusi italiani, ma è oggetto di ricerca serio e molto dibattuto.

Traduzione e adattamento a cura di Arthur Mc Paul (collaboratore Centro Ufologico Ionico)

Fonte

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Modifica Conferenza Stampa Nasa: “vi vorrei presentare oggi il batterio GFAJ-1”

La giovane Biochimica Felisa Wolfe-Simon mentre raccoglie un campione dal lago Mono

La Nasa oggi ha annunciato una di quelle notizie che potrebbe rivoluzionare o riscrivere parte della biologia. La Nasa ha infatti  annunciato in una conferenza stampa di aver scoperto una forma di vita che a livello molecolare e’ diversa da tutte le altre riscontrate sulla Terra.

“Oggi vi vorrei presentare oggi il batterio GFAJ-1queste le parole con cui Felisa Wofe Simon ha annunciato una delle più importanti scoperte degli ultimi decenni. Un microbo definito alieno, in grado di sopravvivere e riprodursi anche in condizioni estreme, e quindi non terrestri, prelevato nel lago Mono (in California), un lago estremamente tossico, perche’ con alte concentrazioni di arsenico.

La scoperta, sarà pubblicata in un articolo di Science, e’ stata presentata dagli astrobiologi dell’ Università dello stato dell’Arizona, guidati dalla giovane biochimica Felisa Wolfe-Simon, scelta come Ricercatrice della Nasa Astriobiolgy Research Fellow.

Il batterio utilizza per sopravvivere l’arsenico anzichè il di fosforo nel suo DNA. Fino ad oggi, si credeva che tutta la vita richiedesse il  fosforo come “ossatura” e parte fondamentale per tenere insieme il DNA. La scoperta di un organismo che vive di arsenico (altamente velenoso) allarga la nostra conoscenza circa la possibilità di vita su altri pianeti, e chiede una riscrittura dei testi di biologia, cambiando la nostra comprensione di come la vita si è formata da suoi blocchi più elementari della struttura base. Wolfe-Simon è supportata dal ramo dell’ Esobiologia della NASA, dal Programma di Biologia Evoluzionistica (Es / Evo) e dall’ Istituto di Astrobiologia della Nasa. Tra gli obiettivi di questi programmi ci sono l’evoluzione dei geni, le vie metaboliche, e le specie microbiche sulla Terra al fine di comprendere il potenziale per la vita su altri mondi. La scoperta della Wolfe-Simon rappresenta l’eccezione che per la prima volta nella storia della biologia un organismo è stato trovato ad utilizzare un elemento diverso della struttura ementare di cui eravamo a conoscenza. Come già scritto,lo studio sarà pubblicato “Science Express” e successivamente sulla rivista Science.

Mi viene in mete qualche citazione di Paul Davies riportato in uno dei nostri articoli qualche tempo fa (qui), con questa frase:

….eppure più importante del messaggio, per Davies, è trovare dei segni chiari della loro esistenza, presente o passata: “Discariche nucleari sulla Terra o sulla Luna, attrezzatura abbandonata su qualche pianeta, tracce di ingegneria mineraria nel sistema solare, messaggi in bottiglia (tra virgolette) sotto forma di informazioni digitali cifrate all’interno del Dna di organismi terrestri, tracce di biotecnologie o nanomacchine antiche di 100 milioni di anni, sfere di Dyson…..

Paul Davies ci ha voluto anticipare qualcosa, o è solo una coincidenza?

Comunque vada, da quanto ci ha detto oggi la Nasa, la teoria della panspermia ha da oggi un alleato in più………..

Flash Animation

Centro Ufologico Ionico

Articolo scritto da Walter Conidi

La NASA annuncerà il 2 Dicembre l’esistenza di vita extraterrestre?

MEDIA ADVISORY : M10-110

La NASA terrà una conferenza riguardo alle novità su una scoperta astrobiologica; la rivista Science ha il divieto di divulgare i dettagli sulla notizia fino alle ore 11:00 (ora standard della costa del Pacifico) del 2 dicembre.

MOFFETT FIELD, California – La NASA terrà una conferenza stampa alle ore 11:00 (ora standard della costa del Pacifico) di giovedì 2 dicembre, per discutere di una scoperta che influenzerà la ricerca di prove dell’esistenza di vita extraterrestre. L’astrobiologia studia l’origine, l’evoluzione, la distribuzione e il futuro della vita nell’universo.

La conferenza si terrà presso l’auditorium della sede della NASA a Washington e come quella precedente sarà trasmessa in diretta in streaming sul sito web sulla TV NASA.

I giornalisti potranno seguire la conferenza stampa nella sala principale al NASA Ames Research Center o fare domande per telefono.

Per ottenere informazioni per telefono i giornalisti dovranno essere accreditati da Steve Cole.

I partecipanti saranno:

  • Maria Voytek, dirigente del programma di Esobiologia al quartier generale della NASA a Washington
  • Felisa Wolfe-Simon, ricercatrice NASA di Astrobiologia, alla US Geological Survey, Menlo Park in California
  • Pamela Conrad, Astrobiologo NASA alla Goddard Space Flight Center, Greenbelt, Md
  • Steven Benner, Foundation for Applied Molecular Evolution, Gainesville, Fla.
  • James Elsner, Docente alla Arizona State University, Tempe

Per la NASA TV in streaming video, downlink e ulteriori informazioni, visitare il sito:

http://www.nasa.gov/ntv

Per ulteriori informazioni riguardo il telescopio a raggi X Chandra della NASA, visitare il sito:

http://astrobiology.nasa.gov

– end –

Credo che questa volta sia quella giusta, probabilmente ci diranno di aver scoperto la vita extraterrestre fuori dal nostro sistema solare, oppure in una delle lune di saturno? Comunque vada sicuramente questa volta non rimarremo delusi.

I candidati potrebbero essere l’esopianeta Wasp 17B, o Encelado la luna di saturno oppure i risultati della conferenza che dovrebbe tenere oggi Duane Snyder che afferma di aver trovato vita extraterrestre in un meteorite? Ne abbiamo parlato qui

Trovato un meteorite ghiacciato contenente vita extraterrestre?

e qui

ESCLUSIVA: La Tascon Inc. non smentisce vita extraterrestre sul meteorite.

Centro Ufologico Ionico

Come funzionano i rivelatori dell’ LHC?

In breve spieghiamo cosa fanno i rivelatori CMS, Atlas, Lchb e Alice.

Parte dell acceleratore di particelle LHC

Parte dell' acceleratore di particelle LHC

I media e i TG nazionali, dopo aver angosciato molti di voi con le loro farneticazioni riguardanti la fine del mondo e i vari articoli dei giornali “fermate il test del big Bang o la terra sparirà”, ed aver scampato il pericolo ( vi è passata la paura? ), cerchiamo di capire come funziona questo stupendo acceleratore di Particelle, chiamato Large Hadron Collider ( cavolo è stupendo da pronunciare! ).

Questo spettacolo della scienza e della fisica quantistica creato dall’uomo è composto da vari rilevatori che sono:

Cms, Compact Muon Solenoid – Cerca insieme ad Atlas il Bosone di Higgs. Cms e Atlas sono gli esperimenti principali di Lhc ed andranno alla ricerca della cosidetta particella di Dio, il Bosone di Higgs, la particella che conferisce la massa a tutte le particelle che costituiscono la materia conosciuta. Esplorerà la natura della materia e le forze fondamentali che governano l’universo. Sebbene gli obiettivi di Cms e Atlas siano gli stessi, Cms utilizza soluzioni tecnologiche diverse e magneti progettati di conseguenza per raggiungere il suo obiettivo.

Lhc Beauty (LHCb) detector è stato progettato per rispondere ad una domanda precisa: esiste l’antimateria e dove è andata a finire? Durante il Big Bag, secondo gli scienziati, c’erano in eguale quantità materia ordinaria e antimateria, la sua controparte. Ma oggi non c’è traccia di antimateria, ad esempio non esistono stelle o galassie di antimateria. Per questo Lhc Beauty investigherà sulla sottile differenza tra materia e antimateria studiando un tipo di particella, chiamata “beauty quark”.

Alice – Ricostruirà attraverso collisioni ad altissima energia tra nuclei di piombo, i momenti successivi al Big Bang, un milionesimo di secondo dopo il BB. Gli scienziati sperano di ricreare lo stato della materia esistente in quei momenti: un plasma di quark e gluoni con una temperatura di mille miliardi di gradi raggiunta un milionesimo di secondo dopo il Big Bang durata solo qualche frazione di secondo. Una materia allo stato liquido a causa delle altissime temperature dell’universo primordiale. Alice studierà questo plasma come si espande e come si raffredda, per capire i processi che hanno gradualmente dato luogo alle particelle che costituiscono la materia dell’universo attuale.

Atlas – È uno degli esperimenti principali di Lhc, il suo scopo è cercare la materia oscura. È enorme: alto 25 metri, lungo 45 e pesa circa 7mila tonnellate. È grande quanto metà cattedrale di Notre Dame e pesa quanto la Torre Eiffel. Atlas insieme a Cms andranno alla ricerca del Bosone di Higgs, e dai sotterranei scavati sotto Meyrin, in Svizzera, guarderà verso lo spazio per cercare nuove dimensioni, microscopici buchi neri e le prove dell’esistenza della material oscura.

Ci sono poi altri due rivelatori minori, ma specializzati, Lhcf che simulerà i raggi cosmici e Totem (Total Cross Section, Elastic Scattering and Diffraction Dissociation) che misurerà la grandezza del protone e il suo comportamento.

Lhc genererà una grande quantità di dati: quasi 150 milioni di sensori rileveranno le informazioni provenienti da milioni di collisioni al secondo fra particelle che avvengono al centro di ognuno dei quattro esperimenti o rilevatori principali di particelle. Secondo gli scienziati saranno prodotti circa mezzo miliardo di dati al secondo, 15 milioni di Gygabite l’anno, come riempire un hard disc di 100 GB ogni 4 minuti. In previsione di questa grande mole di dati è stato realizzata la Grid, o meglio il sistema di calcolo “LHC Computing Grid“, o LHC@Home.

Vi ricordate uno dei primissimi articoli del mio blog sul calcolo distribuito tra cui c’era proprio LHC@Home (cliccare per leggere il Thread ufficiale del sito Boinc.Italy di cui faccio anche io parte) su piattaforma Boinc?

I dati rilevati verranno selezionati in una camera di calcolo e qualsiasi cosa ritenuta interessante verrà conservata. Pacchetti di informazioni verranno poi mandati al centro di calcolo del Cern dove saranno registrati, selezionati e verrà creato un resoconto degli eventi. Dalla Svizzera i dati verranno, poi, mandati attraverso la rete ( Calcolo distribuito / Boinc ) e attraverso connessioni dedicate verso i centri universitari europei e di tutto il mondo e loro laboratori. Una volta diffusi saranno a disposizione di 7-8mila fisici che dovranno studiarli e analizzarli.

L’ LHC ha bisogno di tutti noi per analizzare tutti i Gb di dati che raccoglierà durante i suoi esperimenti, e poi detto tra noi, non dobbiamo ringraziarlo per non averci risucchiato?

Scusate il finale alla TG2 e alla Studio Aperto

Acceso e attivato l’ LHC, diretta Web in streaming

“E’ andato tutto come previsto”
Le particelle hanno percorso senza problemi i 27 chilometri del tunnel

Riproduzione della collisione

L’acceleratore è stato attivato e tutto sta andando come previsto: nessuna apocalisse all’orizzonte. L’esperimento preliminare del Lhc (Large Hadron Collider) del Cern di Ginevra è partito come da programma poco dopo le 9 e 30, con l’obiettivo di verificare il funzionamento del più grande acceleratore di particelle del mondo, costato oltre 6 miliardi di euro. Per “vedere” i primi protoni scontrarsi tra loro e ricreare così le condizioni del Big Bang, bisognerà invece aspettare qualche giorno, mentre la piena efficenza del Lhc sarà raggiunta solo nel 2009. Il direttore del Cern Robert Aymar esprime soddisfazione per l’esito della prova. “Abbiamo due emozioni: la soddisfazione per aver completato una grande missione e la speranza di grandi scoperte davanti a noi”.

La prova. Nel test di oggi per la prima volta un fascio di particelle ha percorso interamente l’anello di 27 chilometri, senza però essere “accelerato” dai magneti superconduttori e quindi con una velocità inferiore a quella prevista per gli esperimenti, che sfiora quella della luce. Nella prova preliminare sono stati iniettati fasci di protoni in entrambe le direzioni, senza che questi si scontrassero.

Gli esperimenti. Nei prossimi giorni verranno iniettati nuovi fasci di protoni, che verranno poi accelerati e fatti scontrare. Sono 4 gli esperimenti principali su cui si concentreranno i circa 3.000 fisici coinvolti nel progetto: Atlas e Cms daranno la caccia al bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio” che ha dato massa a tutte le altre, Lhcb studierà le differenze tra materia e antimateria, mentre Alice si occuperà dello stato della materia nei primi istanti dell’universo.

Il problema tecnico. Nella notte, durante i preparativi per il test della mattina, il Cern aveva comunicato che erano stati rilevati alcuni “piccoli problemi elettrici”, che non hanno tuttavia impedito lo svolgimento dell’esperimento preliminare.
Per seguire la diretta dell”esperimento, cliccare qui

Aggiornamenti dalla sonda Phoenix (Sol 97-98)

Risultati curiosi sull’ umidità del terreno Marziano

La Phoenix durante il sol 98

La Phoenix durante il sol 98

L’uso della sonda di conduttività ha dato risultati curiosi. Nell’aria è stata rilevata una quantità di umidità variabile, mentre se viene inserita nel terreno risulta completamente secco. “Se ci sono vapori d’acqua nell’aria, ogni superficie esposta a quell’aria dovrebbe contenere molecole d’aria aderenti ad essa che mantengono una certa mobilità, anche a temperature ben al disotto del congelamento”, ha detto Aaron Zent del NASA Ames Research Center di Moffett Field in California, responsabile della Thermal and Electroconductivity Probe. Nei terreni permafrost sulla Terra, anche a temperature molto basse, quello strato di molecole d’acqua sulle particelle superficiali può crescere a sufficienza per sostenere vita microbica. Uno degli obiettivi per costruire ed inviare su Marte una sonda di conduttività è quello di vedere se il permafrost terrestre e il suolo artico marziano hanno entrambi questo strato di acqua non congelata.

Leggi il resto dell’articolo

Video del Flyby di Rosetta con l’asteroide Steins

Un diamante dal diametro di 5KM

L'asteroide Stein

La sonda Rosetta ha eseguito il previsto sorvolo ravvicinato dell’asteroide Steins.
Nell’immagine allegata, dove si vedono 6 foto in sequenza del sorvolo, si nota la forma a diamante dell’asteroide.
Il diametro dell’oggetto è di circa 5 km, come previsto e nella parte superiore si nota un grande cratere da impatto, del diametro di circa 1,5 km. Gli scienziati si stupiscono di come Stein abbia resistito a quel forte impatto e non si sia spaccato.
Di fatto il lavoro degli scienziati è già iniziato e un’altra delle curiosità è l’insolita luminosità dell’oggetto. Apparentemente la regolite della sua superficie appare più chiara di quella lunare.
Si sta anche eseguendo un conteggio dei crateri per cercare di stabilire l’età dell’asteroide e se tutti i lati hanno la stessa origine o se, derivando da un altro oggetto spezzatosi, possa averne alcuni più giovani.
Fonte Astroworld

Spettacolari immagini dell’ LHC del Cern

Al Cern sembra di essere a Black Mesa.

LHC di Black Mesa

L' LHC di Black Mesa

Nell’immagine qui a sinistra un fotogramma del videogioco Half Life mentre l’acceleratore di particelle comincia il suo esperimento. Nel videogioco in quel momento succede qualcosa di imprevisto a cui gli scienziati (tra cui il dottor Freeman) non avevano previsto e/o immaginato. Si apre un Worm Hole una sorta di buco nero/dimensionale e da qua comincia l’avventura di questo bellissimo videogioco. Il 10 settembre partirà il più importante esperimento (ne abbiamo parlato qui) che l’uomo abbia mai effettuato, si cercherà di ricreare le condizioni che si sono presentate subito dopo il Big Bang cercando anche di scoprire il Bosone di Higgs. La paura di molti è che si possa creare un buco nero che in 4 anni risucchierebbe la terra, questo a detta di alcuni ricercatori. Ma abbiamo una garanzia e le conferme che nulla di ciò accadrà grazie alle parole di uno dei geni del nostro tempo Stephen Hawking, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, è oggi uno fra i cosmologi più autorevoli che alla fatidica domanda, risponde così: “ i mini buchi neri vivrebbero al massimo per un centomilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo e poi evaporerebbero senza alcun danno.”

Detto da lui (è sua la teoria….) c’è da star tranquilli, al contrario se qualcosa dovesse andare storto almeno avremo la possibilità di aver visto il mostro prima di sparire (lui in primis e noi a seguire).

Ma godiamoci le foto ad alta risoluzione dell’ LHC.

Brevissimo video di nuvole marziane

10 stupendi fotogrammi della Surface Stereo Imager di Phoenix

Gif Animata (10 fotogrammi) delle nuvole su marte

Clicca sull'immagine per vedere la Gif animata

Phoenix Sol 95:

Le nuvole scorrono nel cielo marziano in un filmato composto da 10 fotogrammi ripresi dalla Surface Stereo Imager di Phoenix.
Sono 10 immagini riprese ad un minuto l’una dall’altra fra le 14:52 e le 15:02 ora solare locale del Sol 94.
Particelle di ghiaccio d’acqua compongono queste nubi, che le rendono molto simili ai Cirri terrestri. Le foschie di ghiaccio sono ultimamente frequenti attorno alla sonda.
Queste immagini fanno parte dello studio che il team di Phoenix sta eseguendo sulle nuvole e sui venti. L’inquadratura è rivolta verso sud-sudovest e quindi le nuvole si stanno muovendo verso ovest-nordovest.
Queste nuvole sono significative del ciclo dell’acqua marziano. I vapori d’acqua si sollevano dal polo nord durante l’estate e con il passaggio verso l’autunno si rileva una abbondanza di acqua atmosferica che si evidenzia in tutti i fenomeni che circondano la sonda, nebbie, brina e, appunto, nuvole.

Fonte Astroworld

Cern: via libera per il superacceleratore

La corte Europea da il via libera al contestato esperimento dell’ Lhc

Lhc (Large Hadron Collider)

Lhc (Large Hadron Collider)

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato il suo via libera al contestato esperimento del Cern che, attraverso l’acceleratore LHC (Large hadron collider) cercherà di riprodurre le condizioni immediatamente successive al Big Bang che ha generato l’universo.

Il “nulla osta” arriva dopo la denuncia di un gruppo di ricercatori convinti che il test genererà un buco nero che risucchierà la Terra. A guidare gli oppositori al progetto lo scienziato Markus Goritschnig.

Nel mirino, il più grande accelleratore di particelle mai costruito, con un diametro di 26 chilometri e costato circa 6 miliardi di euro. Il 10 settembre prossimo, là sotto, si terrà un esperimento volto a individuare il bosone di Higgs, particella responsabile – almeno in teoria – di aver dato massa a tutte le altre. Una ricerca di grande importanza per capire come è nato il nostro universo. Ma secondo alcuni, molto rischiosa, perchè potenzialmente in grado di generare un buco nero.

Insieme a un nutrito gruppo di ricercatori si è rivolto alla Corte di Strasburgo, chiedendo il blocco dell’esperimento. Secondo Goritschnig, violava gli articoli 2 e 8 della Convenzione europea per i diritti umani e il diritto alla vita. La Corte ha ritenuto che nessuno di questi articoli fosse stato violato, e ha dato “luce verde” all’esperimento.

La corte dunque non crede ai timori di apocalisse paventata dal gruppo di scienziati guidati da Goritschnig. E non ci crede neanche la scienza italiana. Secondo il presidente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare Roberto Petronzio “questi scenari apocalittici non hanno alcun riscontro reale. Da Lhc non arriva nessun pericolo. L’allarme lanciato è basato su congetture e ipotesi e non su riscontri reali”.

La pensa allo stesso modo anche il presidente del Cnr ed ex direttore generale del Cern Luciano Maiani. “L’esperimento è da considerare a rischio zero, relativamente a quanto quest’espressione possa essere utilizzata in fisica” ha detto lo scienziato.